“Pensavo di essere un essere umano normale invece ho scoperto di essere un gigante” – la storia di Lucrezia

“Pensavo di essere un essere umano normale invece ho scoperto di essere un gigante” – la storia di Lucrezia

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Diagnosticare un tumore ad una paziente non è mai semplice.
Gentilezza, empatia e una forte sensibilità sono alcune delle caratteristiche da adottare per trasmettere questa notizia. Ma cosa si prova quando sei un medico e allo stesso tempo sei tu quella paziente?

Lucrezia è un medico radiologo, nello specifico si occupa di diagnosi del tumore mammario e, promuovendo la prevenzione dello stesso, si è ritrovata ad effettuare una diagnosi su se stessa.

Il suo è stato, ed è tuttora, un percorso doloroso, colmo di paure umane e di alcune cicatrici esterne che hanno dato vita ad altre cicatrici interne. Ma è anche un percorso di riscoperta e rinascita. Un percorso che le ha permesso di “tirare una riga” su tante cose e su tante persone, facendo un bilancio delle cose davvero importanti che la circondano.

La malattia le ha tolto una delle cose che la rappresentavano: i capelli e la possibilità di praticare sport.
Ed è qui che ha conosciuto Vivay e le sue tricoprotesi.

Come hai conosciuto la tricoprotesi Vivay?

Sono entrata in contatto con il mondo Vivay, tramite Fabiola.
Quando ho scoperto che indossava una tricoprotesi ho subito pensato: “la voglio anche io! É davvero bella e non sembra affatto una protesi di capelli”.
Ho prenotato una consulenza presso Vivay e, una volta in sede, mi sono state presentate due protesi diverse per colore. Quando le ho toccate, ho toccato in contemporanea anche i miei capelli e ho detto: “sono più morbidi dei miei”.
Il team ha preso le misure del mio cranio e tagliato una ciocca dei miei capelli per il colore e lo spessore della protesi futura, senza obbligo di realizzazione: stava a me decidere se dire “sì”.
Pochi giorni dopo ho richiamato il team Vivay e ho confermato la produzione della protesi.
Non avrei potuto fare scelta migliore: i capelli della protesi sembravano proprio i miei. Indossarla per la prima volta è stato come se avessi tolto un peso enorme.

Qual è la caratteristica che più ti ha colpito della tricoprotesi Vivay?

Sicuramente il fatto che la protesi è sempre ferma al suo posto.
Tolgo e metto la divisa del lavoro senza pensare di dover passare davanti allo specchio per sistemare la protesi. Svolgo attività sportiva in piscina, faccio la doccia in serenità e lavo e asciugo i capelli normalmente.
Un altro grandissimo vantaggio della protesi in modalità fissa è che rispetta la mia volontà di non vedermi mai calva.

Che impatto ha avuto la tricoprotesi sulle altre persone?

Quando i miei colleghi mi hanno vista, sapevano che indossavo una protesi e sono rimasti sorpresi del risultato: sembrava fossi stata da poco dal parrucchiere.
Parlando proprio di parrucchiere, una paziente, parrucchiera di professione, mi ha fatto i complimenti per il colore dei capelli. Non si era accorta che indossassi una protesi perché l’attaccatura frontale e laterale, ancora adesso, sono perfette.

Come sarà togliere la tricoprotesi?

Non saprei dirlo al momento. Con la malattia ho imparato che le cose non si possono prevedere. Sicuramente sarà bello ritrovare i miei capelli ma sarà strano non avere più “i miei nuovi capelli”.

Risposta aperta, sei libera di raccontare ciò che vuoi.


A seguito di questa esperienza mi piacerebbe portare avanti due progetti: il primo è un‘associazione sportiva per le persone che affrontano la chemioterapia, utile a ristabilire un equilibrio tra corpo e mente .

Il secondo progetto riguarda la sfera della divulgazione scientifica per la promozione della prevenzione: io stessa ne sto beneficiando perché ho scoperto il tumore in una fase iniziale e, grazie alla prevenzione, stiamo salvando tantissime donne come me.

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